Il decreto ministeriale n. 309 del 13 gennaio 2011 ha previsto l’introduzione in Italia (tra pochissimi Paesi in Europa) di una soglia numerica di contaminazione da prodotti fitosanitari non consentiti in agricoltura biologica oltre la quale, in nessun caso, un prodotto può essere commercializzato come biologico. Tale valore è stato fissato dal Decreto del 2011 pari a 0.01 mg/kg. Già negli anni immediatamente successivi all’emanazione del Decreto si sono verificate difficoltà applicative di tale limite.
La presenza di fosfiti nei vini biologici, ad esempio, è risultata spesso oltre i limiti, solo per contaminazione accidentale (presenza nell’ambiente indipendentemente dalla volontà del produttore). Per i fosfiti quindi, a seguito di numerosi studi ed indagini del Crea, il Masaf ha previsto un innalzamento di qualche punto della soglia dello 0,01 mg/kg con il DM n.7264 del 10 luglio 2020. Durante le discussioni della riforma della normativa europea sul biologico il tema dei limiti di decertificazione per contaminazioni accidentali o ambientali è stato portato dall’Italia anche ai tavoli europei, senza però che sul tema l’Unione Europea prendesse una chiara posizione come quella adottata dall’Italia nel 2011.
La discussione è proceduta quindi nel corso degli ultimi anni vedendo una chiara contrapposizione tra due distinte visioni. Da un lato chi ritiene che il prodotto biologico non debba presentare nessun residuo di prodotto fitosanitario, garantendo quindi, oltre al rispetto di tutti i requisiti del metodo produttivo, anche il cosiddetto “residuo zero”, caratteristica che si ritrova oggi in tanti prodotti dell’agricoltura integrata. Dall’altro lato chi sostiene che ogni contaminazione accidentale rinvenuta nel prodotto biologico, dovuta a cause ambientali e quindi non provocata volontariamente dagli agricoltori biologici, non debba essere motivo di decertificazione del prodotto biologico, consentendo quindi di portare sul mercato prodotto biologico con residui di prodotti fitosanitari.
Entrambe le posizioni appaiono condivisibili, ma allo stesso tempo presentano forti criticità: da un lato, con la presenza della soglia di decertificazione automatica, c’è il rischio di colpevolizzare agricoltori che, indipendentemente dalla loro volontà e per cause di inquinamento ambientale, si vedono decertificare il prodotto per la presenza di residui e dall’altro, in caso di nessuna soglia di decertificazione, il rischio di avere sul mercato prodotto biologico con presenza di residui (seppure involontari) che lo rendono comunque qualitativamente inferiore rispetto a prodotti dell’agricoltura integrata. In tale scenario, assai complesso da un punto di vista tecnico normativo, occorre individuare risposte adeguate utili a mantenere un elevato livello qualitativo del prodotto biologico, evitando di avere sul mercato prodotto biologico con residui, senza però penalizzare l’agricoltore che, per cause ambientali ed indipendenti dalla propria volontà, si ritrovi ad avere analisi positive per prodotti mai utilizzati.
Coldiretti, anche in occasione della discussione sulla bozza di DM relativo alle contaminazioni ambientali, ha sottolineato la necessità di una profonda semplificazione della normativa nazionale sul biologico. La lettura delle norme, in materie così complesse già a livello europeo, deve essere semplice e comprensibile a tutti, in modo da evitare ogni possibile strumentalizzazione che si ripercuote su un settore che rappresenta una risposta efficace alle sfide del nostro agroalimentare e per le quali moltissime imprese hanno investito per mettere in pratica i valori dell’agroecologia.